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Il numero di giugno del Notiziario

CAGLIARI, 29 giugno 2022 - E' disponibile in versione pdf la prima uscita del 2022 del Notiziario della Facoltà Teologica della Sardegna: la rivista semestrale che informa su tutte le attività, i convegni, la didattica, i libri e la ricerca della Facoltà. In questo numero è possibile trovare una breve cronaca del convegno che si è tenuto lo scorso 26 marzo, in aula magna, con i vescovi della Sardegna e i rappresentanti della Regione del territorio sul tema: “Identità,cultura religiosa e turismo”.

E ancora il convegno “I gesuiti e la Sardegna tra arte e spiritualità”, le iniziative editoriali della PFTS University press e le pubblicazioni dei docenti della Facoltà.

In allegato è possibile scaricare un libretto con tutte le prolusioni tenute nel corso delle inaugurazioni dell’Anno Accademico dal preside della Facoltà, p. Francesco Maceri, al termine del suo mandato di sei anni. A seguire la presentazione di mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari, a questo testo.

 

 

PREFAZIONE

Giuseppe Baturi

Arcivescovo di Cagliari

"Ringrazio vivamente padre Francesco Maceri per avermi dato l’opportunità di accompagnare le sue riflessioni con queste parole. Le sei Prolusioni che hanno aperto in questi ultimi anni gli Anni Accademici della Pontificia Facoltà Teologica di Sardegna offrono tanti spunti di riflessione e suscitano molte domande. Le argomentazioni sono sostenute da una profonda stima per la ricerca e l’insegnamento teologico. In costante dialogo con i suoi autori di riferimento, primo dei quali l’amato John Henry Newman, con un linguaggio piano, rifuggendo sempre tecnicismi e inutili erudizioni, il Preside delinea l’impegno teologico come un percorso di vero discepolato. La teologia è considerata nella sua matrice trinitaria ed è coniugata con l’amore e la preghiera, l’educazione e il cammino spirituale. Mi soffermo brevemente su alcune delle questioni sollevate da padre Maceri. Citando Simone Weil, l’Autore evidenzia che la fecondità dell’impegno di studio dipende dal desiderio della verità: «Se c’è veramente desiderio, se l’oggetto del desiderio è davvero la luce, il desiderio di luce produrrà la luce». Anche il Papa ha scritto: «La gioia della verità (Veritatis gaudium) esprime il desiderio struggente che rende inquieto il cuore di ogni uomo fin quando non incontra, non abita e non condivide con tutti la Luce di Dio» (VG 1). Desiderio struggente e cuore inquieto. Ricordo ancora il rimprovero che un illustre professore rivolgeva a noi studenti dello Studio Teologico San Paolo di Catania: «voi studiate senza chiedere nulla, senza sete, mentre noi studiavamo desiderando e cercando cose grandi, noi chiedevamo tanto alla teologia».

Talvolta il desiderio di conoscere la verità è ridotto alla semplice ricerca di conferme ma «raramente gli uomini imparano ciò che credono di sapere», osservava acutamente Barbara Ward. Il tema è antico e riguarda la circolarità tra conoscenza e amore. La conoscenza intellettuale è mossa dal desiderio di quel bene nel quale consiste la sua pienezza, cioè la verità. Se così è, la conoscenza è connessa alla moralità, perché esige un amore, una passione per la verità più grande dell’attaccamento a sé stessi e a quelle immagini che determinano il nostro comportamento e alle quali affidiamo la realizzazione di noi stessi. Cosa può alimentare e destare questo desiderio? La stessa Simone Weil osservava che «perché ci sia desiderio dev’esserci anche piacere e gioia. L’intelligenza si accresce e dà frutti solo nella gioia». Lo studio della teologia non può perciò essere adeguatamente sorretto dal bisogno di raggiungere un obiettivo nobile, fosse anche l’ordinazione sacerdotale, o da un semplice interesse intellettuale, ma solo da un’esperienza di gioia, della sorpresa lieta per l’incontro con il Signore. È una meraviglia che genera la curiosità, cioè il desiderio di conoscere la profondità del mistero. «Ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore» (Fil 3,8). Il desiderio di conoscere nasce continuamente dall’esperienza della sorprendente gratuità e bellezza di Cristo che attrae a «conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze» (Fil 3,10). La gioia dello studio della teologia sgorga dall’incontro continuo con la dolce presenza di Cristo ed è forma della sequela Cristi. Come indica padre Maceri nella sua ultima Prolusione, una delle urgenze di oggi è ristabilire il rapporto tra conoscenza intellettuale e cammino di santità.

L’Autore più volte sollecita un dialogo più convincente con la vita e il percorso delle Chiese di Sardegna. Ritengo particolarmente importante l’apporto che la PFTS può dare per un maturo discernimento della storia, nei cui avvenimenti risuona la voce dello Spirito. La Veritatis gaudium collega, in tal senso, la funzione della teologia, a servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa, al «discernimento dei segni dei tempi e delle diverse espressioni culturali» (n. 1). Basti pensare ai fatti che stanno segnando questo drammatico frangente storico: la pandemia e le sue gravi implicazioni esistenziali, sociali e politiche; il conflitto in Ucraina, che ha riportato tragicamente a galla la questione della guerra e i tanti quesiti che accompagnano l’edificazione della pace. E poi le questioni etiche e antropologiche di stringente attualità, dal fine-vita al gender. Ma anche, da un altro punto di vista, la pietà popolare, le cui espressioni dobbiamo saper leggere, particolarmente nel momento in cui pensiamo alla nuova evangelizzazione (EG 125). I temi potrebbero moltiplicarsi e della loro considerazione potrebbero giovarsi tutte le comunità ecclesiali. La conoscenza di Dio si declina, allora, anche come conoscenza del nostro presente a partire da Dio.

Le riflessioni di padre Maceri sollecitano un altro passaggio. L’insegnamento della teologia, come ogni impegno educativo, è reso fecondo dalla libertà accogliente dello studente ma si avvale molto dell’autorevolezza del maestro, chiamato ad essere un credibile testimone. Diceva Benedetto XVI che «il testimone di Cristo non trasmette semplicemente informazioni, ma è coinvolto personalmente con la verità che propone e attraverso la coerenza della propria vita diventa attendibile punto di riferimento» (Discorso di apertura del Convegno della Diocesi di Roma, 11 giugno 2007). Il testimone non attira a sé stesso ma a una Verità più grande alla quale si è affidato. Egli educa comunicando il desiderio di ricercare e la passione di comunicare, per il modo di trattare gli studenti. Decisivo è il suo personale rapporto con il Signore e la preghiera. Mi sia consentito, pertanto, finire queste note con la grande raccomandazione di Sant’Agostino: «Chi vuol conoscere la verità e insegnarla impari, certo, tutto ciò che deve insegnare; si procuri una capacità espressiva quale conviene ad un uomo di Chiesa; ma giunto il momento di dover parlare, pensi che a una mente bene intenzionata conviene regolarsi come diceva il Signore: Non pensate a cosa o a come dovete parlare; vi sarà dato infatti in quel momento ciò che dovete dire, poiché non siete voi a parlare ma parla in voi lo Spirito del Padre. Se è dunque lo Spirito Santo colui che parla in coloro che per Cristo vengono consegnati ai persecutori, perché non dovrebbe essere lo stesso Spirito Santo a parlare in coloro che presentano Cristo a chi lo vuole conoscere?» (De doctrina christiana, 15.32).

Che i docenti e gli studenti della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna possano godere della luce e della gioia dello Spirito".

 

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